Clara Petacci detta Claretta (Roma, 28 febbraio 1912 – Giulino di Mezzegra, Como, 28 aprile 1945) – è nota per essere stata a lungo legata sentimentalmente – fino a condividerne la morte – a Benito Mussolini.
Figlia di Giuseppina Persichetti e di Francesco Saverio Petacci (1883-1970), direttore per alcuni anni di una clinica a Roma e introdotto negli ambienti vaticani in qualità di medico archiatra, Clara – detta “Claretta” – pare fosse ammaliata dalla figura di Mussolini sin da giovanissima.
Sua sorella era l’attrice Miria di San Servolo (Roma, 31 maggio 1923 – Roma, 24 maggio 1991) (vero nome Maria Petacci). È conosciuta anche come Miriam Day o Miriam Petacci.
Nel 1932 Clara riuscì a conoscere Mussolini di persona ed a stringere con lui una relazione. La Petacci era allora già sposata con il tenente dell’Aeronautica Militare Italiana Riccardo Federici (dal quale si sarebbe separata ufficialmente nel 1936). All’epoca del suo incontro con Mussolini, Clara aveva vent’anni, trenta di meno del suo amante.
Mussolini era sposato dal 1915 con rito civile e dal 1925 con rito religioso con Rachele Guidi (detta “donna Rachele”), che aveva conosciuto già durante l’infanzia e alla quale era legato sin da prima del 1910. Gli erano inoltre state attribuite numerose amanti, tra le quali Ida Dalser (che gli diede il figlio Benito Albino Mussolini), e aveva da poco concluso una lunga ed importante relazione con Margherita Sarfatti.
Mussolini prese a frequentare la Petacci con regolarità, ricevendone le visite puntuali anche nel suo studio di Capo del governo a Palazzo Venezia. Clara rimase per molti anni fedele all’amato “Ben”, come chiamava Mussolini anche nella corrispondenza, suscitando facezie ed amenità tra quanti ne erano informati. Diversi gerarchi del fascismo, d’altra parte, reputavano la relazione tra il duce e la Petacci – per quanto ufficialmente inesistente e tollerata da donna Rachele – molto inappropriata, perché possibile fonte di scandalo e di accuse di corruzione al regime.
Clara era appassionata di pittura e aveva aspirato a divenire attrice cinematografica. Ebbe il ruolo di compagna segreta di Mussolini, di cui condivise i momenti più bui e il destino finale, pare senza mai avanzare la pretesa che l’amante lasciasse per lei la moglie Rachele.
La vicinanza di Clara a Mussolini finì per innalzare il rango della sua famiglia, alimentando voci relative a favoritismi e possibili episodi di corruzione, dei quali veniva prevalentemente ritenuto responsabile il fratello Marcello.
Verso la fine del 1939 i Petacci si trasferirono dala residenza medio-borghese di via Spallanzani nella splendida villa “Camiluccia” (sita nell’omonima via in una zona esclusiva di Roma), progettata dagli architetti Vincenzo Monaco e Ugo Luccichenti, secondo l’allora imperante stile razionalista. Nonostante la ragguardevole ampiezza, la costruzione non comportò spese faraoniche, considerando che del costo totale di 350.000 lire, buona parte (225.000) vennero spese per il solo acquisto del terreno.
La grande casa era divisa in 32 locali distribuiti su due piani sovrastati da una terrazza. Nel sottosuolo, come nella residenza del duce di Villa Torlonia, era ricavato un rifugio antiaereo, mentre nell’ampio parco erano presenti anche una piscina, un campo da tennis, un giardino fiorito, curato da Clara, un orto e un pollaio, curati dalla madre. L’accesso al complesso era sorvegliato da una guardiola per il portiere ed una per la guardia presidenziale assegnata alla proprietà.
Nell’ala destra del piano terreno (probabilmente per ragioni di sicurezza dovute alla necessaria vicinanza con il rifugio) era posizionata l’alcova di Claretta e Benito. Composta da una camera con pareti e soffitto ricoperte da specchi ed arredata con mobili rosa, era servita da una stanza da bagno rivestita in marmo nero e dotata di grande vasca mosaicata, posta a filo del pavimento, che voleva imitare le vasche termali romane. All’indirizzo della residenza Petacci (via della Camilluccia 355/357) erano inviate numerose lettere che richiedevano i buoni uffici di Clara per petizioni rivolte a Mussolini.
Dopo la caduta del fascismo la villa fu confiscata con l’accusa che fosse stata acquistata con fondi sottratti dal bilancio dello Stato ad opera di Mussolini. La famiglia si oppose al provvedimento e ottenne che la villa fosse restituita, dimostrando l’accusa infondata. Più tardi la villa fu venduta, e finì in stato di abbandono, sino ad essere demolita per far posto ad un complesso di edifici che oggi ospita la sedi delle ambasciate dell’Iraq presso l’Italia e il Vaticano.
Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l’8 settembre, quando venne annunciata la firma dell’armistizio di Cassibile.
Tutta la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel nord Italia controllato dalle forze tedesche, ove poi sorse la Repubblica di Salò. Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede del governo repubblicano a Salò.
Il 27 aprile 1945, durante l’estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, fu anch’ella bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Taluni affermano che le sia stata offerta una via di scampo, da lei ricusata decisamente.
Il giorno dopo, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e Clara furono entrambi fucilati, sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. La versione ufficiale della morte di Mussolini è stata tuttavia contestata ed esistono diverse versioni sull’andamento dei fatti.
I corpi di Mussolini (secondo da sinistra) e della Petacci (riconoscibile dalla gonna) esposti a Piazzale Loreto. Il primo cadavere a sinistra non è mai stato identificato. Gli ultimi due a destra sono Pavolini e Starace.Nella stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu giustiziato a Dongo dai partigiani, insieme ad altre quindici persone che accompagnavano la fuga di Mussolini.
Il giorno successivo, il 29 aprile, a piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti (assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima), appesi per i piedi alla pensilina di un distributore di carburanti, dopo essere stati oltraggiati dalla folla. Il luogo venne scelto per vendicare simbolicamente la strage di quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944.
Non appena comprese che c’era l’intenzione di appendere per i piedi anche il cadavere della Petacci alla pensilina, don Pollarolo, cappellano dei partigiani, prese l’iniziativa di chiedere ad una donna presente tra la folla una spilla da balia per fissare la gonna indossata dal corpo di Clara, che non indossava biancheria. Tale soluzione si rivelò però inefficace e così intervennero i pompieri, sopraggiunti con gli idranti a sedare l’ira della folla, a provvedere a mantenere ferma la gonna con una corda.
Fonte: Wikipedia